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Da un’indagine condotta da Ibm Security su 21 aziende italiane è emerso che nel 2020, il costo complessivo delle violazioni di dati è salito a 3,03 milioni di euro e il costo per ogni informazione rubata a 135 euro, valore quasi raddoppiato nell’ultimo decennio. Nel solo 2020, in Italia sono stati rubati in totale 24mila record. I settori maggiormente colpiti dagli attacchi informatici sono stati i servizi finanziari, il settore energetico e, infine, quello farmaceutico. Poco confortante anche il fatto che sono necessari ancora 250 giorni per identificare e contenere una minaccia informatica. Cosa succede, però, quando i dati rubati vengono resi pubblici e utilizzati per la ricerca scientifica? Quali le implicazioni etiche e morali?

Argomento e temi trattati da Sabatina De Fusco e Giorgio Iorio nell’articolo “Se la ricerca scientifica usa dati rubati: le implicazioni etiche e morali”, pubblicato su: https://www.agendadigitale.eu/sicurezza/dati-rubati-usati-nella-ricerca-scientifica-le-implicazioni-etiche-e-morali/